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Velo-City 2013: ossigeno per il cervello


velocity_ossigeno.jpgQuesto è il mio terzo Velo-City: dopo la mitica Copenhagen, sede dell’indimenticabile edizione “Global” 2010, la seducente Siviglia l’anno successivo, è ora la volta di Vienna.
Cosa mi spinge a partecipare, cosa è per me la conferenza Velo-City? Direi ossigeno per il cervello, innanzitutto.

Attraverso la partecipazione ho potuto rendermi conto che queste conferenze non sono solo luoghi di relazione con altri attori rilevanti (del settore sia privato sia pubblico, come pure di ONG) provenienti da tutto il mondo. E non sono neppure soltanto vetrine di esposizione del grado di avanzamento della cultura della ciclabilità, cartine di tornasole di un mondo in costante evoluzione. Sono invece anche una formidabile fonte di ispirazione, un modo per uscire dal perimetro delle abitudini casalinghe – che su questi temi nel nostro Paese appare spesso angosciante, sostanzialmente fermo, privo di visione e sclerotizzato all’interno di soffocanti meccanismi burocratici (al punto che qualcuno ritiene che partecipare a questi incontri per noi italiani sia persino una sottile forma di masochismo, per le sofferenze che generano gli inevitabili confronti) –, e provare a ragionare, come si dice,  “out of the box”.

Si ritorna arricchiti di esperienze, conoscenze, sensazioni, emozioni. Si trovano nuovi stimoli, si arricchiscono punti di vista. E’ una potente leva motivazionale. Questo è quanto mi è accaduto nelle precedenti edizioni cui ho partecipato; questo è lo spirito con cui sono venuto qui a Vienna quest’anno.
E’ molto diverso sentirsi raccontare un’esperienza vissuta da altri, o viverla di persona: questo è il motivo per cui credo sia importante esserci, a Velo-City, ed è anche la ragione per cui desidero esprimere un profondo rammarico per l’assenza delle istituzioni italiane, a qualsiasi livello (tanto per dire: foltissima la rappresentanza olandese e tedesca, oltre a quella austriaca).

A oltre un anno dalla nascita di un movimento che ha suscitato tanta attenzione come #salvaiciclisti, con un dibattito politico anche appassionatamente teso ad aprire la via di un cambiamento possibile, di cui si sente un bisogno diffuso, constatare che, ad esempio, nessuno del nuovo Parlamento e del nuovo Governo (ma nemmeno delle Regioni e dei Comuni, con le sole eccezioni, per quanto mi risulta, di Reggio Emilia e Pescara) abbia sentito la necessità di una partecipazione “di prima mano” suscita perplessità e anche un po’ di tristezza. E’ solo un effetto della spending review? O è sintomo di un persistente disinteresse? Con quale fiducia possiamo guardare al futuro, se manca chi dovrebbe promuoverlo e guidarlo? Se il decisore pubblico, chiamato ad affrontare delle scelte nell’interesse pubblico, chi lo accompagna progettando e realizzando quel che serve, e perfino chi definisce o interpreta le normative e gli standard cui è necessario attenersi, non sentono il bisogno di mettersi in discussione, di farsi contaminare positivamente e continuano a mantenere una attenzione discontinua, distratta e distante rispetto a temi che, come l’esperienza insegna, richiedono creatività e capacità di innovare, ma non vivono di improvvisazione?

La ciclabilità non può essere gestita con la logica del pompiere, che interviene solo laddove vi è un’emergenza per spegnere un incendio, mentre deve essere, oggi più che mai, governata con un approccio integrato, frutto di conoscenza ed esperienza, declinato con metodo costante, sempre attento ed aperto al confronto con ciò che vi è di meglio, che sappia guardare al territorio nel suo complesso dosando tutti i giusti ingredienti e curandoli anche nei dettagli. Ecco, constatare ancora una volta questa distanza del nostro Paese, oggi, mi pesa molto.

Eugenio Galli

Presidente Fiab Ciclobby Milano

 
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